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LIBRO PRIMO 43

sè prosciogliesse; e Cesare gli lasciava fare; perchè non essendosene imbrattato, la rabbia rimaneva tra’ cani. Seguitarono i soldati vecchi l’esempio; e poco appresso furon mandati in Rezia sott’ombra di difendere la provincia da’ soprastanti Svevi: ma in fatto per isbarbarli da quegli alloggiamenti, dove ancora stavano intorati per l’aspro gastigo e per la rea coscienza. Germanico rassegnò i centurioni in questa maniera: Venivagli dinanzi il chiamato, e diceva suo nome, grado, patria, anni di milizia, prove fatte, doni avuti. Se i tribuni d’accordo co’ soldati lo dicevano prode e buono, era raffermato; se avaro e crudo, cassato.

XLV. Quietate così le cose, ci restava non meno da fare, con le due feroci legioni, quinta e ventunesima, svernanti alle Vecchie, luogo indi lontano sessanta miglia; le prime a levare in capo; de’ maggiori eccessi commettitrici; bizzarre ancora, nè spaventate per la pena, nè ricredute per lo pentere delle compagne. Cesare adunque mette a ordine arme, legni aiuti, per iscendere per lo Reno a combatterle, non volendo ubbidire.

XLVI. Tutta Roma sentendo innanzi al posamento d’Illiria il movimento di Germania, andò sozzopra, levando i pezzi di Tiberio, che mentre con quella sua canzone del non accettare beffava i Padri fieboli e la plebe disarmata, gli eserciti intanto si ribellavano e credeva correggerli con duo scurisci teneri di duo’ fanciulli. In persona doveva ire, e affacciarsi con la maestà imperiale; avrebbon ceduto alla vista del principe sommamente sperto, rigido e rimunerante. Ben potè Augusto vecchio e stracco, tante volte ire in Germania: costui, fresco, pro’, si