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442 | DEGLI ANNALI |
po di riaver l’Armenia, stata de’suoi maggiori, oggi d'un re scellerato straniero, facesse gente per rimettervi Tiridate suo fratello, acciò niuno di quella casa fosse senza imperio. Giunti i Parti, ne cacciaron gli Iberi senza combattere. Artassata e Tigranocerta, città d’Armenia, presero il giogo; ma lo tristo verno, o mal provvedimento di vivere, o l’uno e l’altro, v’ingenerò pestilenza che forzò Vologese a lasciar l’Armenia vota; e Radamisto vi rientrò rincrudelito, quasi contro a’ ribelli e felloni animi. Ad essi, benché usati a servire, scappa la pazienza, e l’assediano armati in palagio.
LI. Solo il correr de’ cavalli gli valse a salvar sé, e la moglie gravida. La quale per paura de’ nimici e amore al marito, resse a fatica al primo correre. Poi sconquassandosele il ventre, e le viscere dignazzandosele, lo prega che, per non lasciarla preda e strazio ai nimici, le dea morte onesta. Ei l’abbraccia, regge, conforta; ora stupisce della virtù di lei; ora arrabbia, pensando che altri la debba godere; finalmente violentato dall'amore o usato a crudeltà, sguainata la scimitarra, lei fìede e strascica alla riva, e gitta in Arasse, perchè nè anche il corpo sia rubato: e corresene a tutta briglia al suo regno d’Iberia. Zenobia (così aveva nome la donna) spirante e sicura di morte, fu veduta da certi pastori andarsene giù per lo lento fiume; i quali giudicandola gran donna, rozzamente le medicano e fasciano la ferita: odono il nome e ’I caso, e la portano in Artassata. Indi fu condotta dal pubblico a Tiridate, ricevuta cortescmente e trattata da reina.
LII. L’anno di Fausto Silla e Salvio Otone consoli, Furio Scriboniano, quasi avesse strologato la