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LIBRO DUODECIMO | 435 |
trionfali per li successi felici; i quali non seguitarono, o perchè egli badò meno alla guerra, quasi vinta levato Carattaco; o la compassione di tanto re infocò i nemici a vendetta. Circondano il maestro del campo, e le bande romane lasciate ne’ Siluri a fortificare. Otto centurioni, e i più valorosi soldati vi morirono; e rimanevanvi tutti, se non eran soccorsi pienamente dai borghi e castelli vicini. Sbaragliano appresso i nostri, che cercavano vettovaglie e i cavalli, mandati a soccorrergli.
XXXIX. Ostorio vi mandò spedite coorti, che non rattenendo la fuga, con le legioni v’andò; e con la loro forza la pugna fu pareggiata e poi vinta; e scamparono i nemici con poco dannaggio perchè lo giorno se ne andava. Seguirono zuffe spesse e piccole, a guisa d’assassini, per boschi o pantani; per caso o arte, ira o preda, comando o senza; ostinandosi particolarmente i Siluri per un detto sparsosi del romano imperadore: „Che già i Sugambri furon rovinati e traportati in Gallia, ma de’ Siluri bisognava spegnere il seme„. Sorpresero adunque due coorti d’aiuto, per l’avarizia de’ Capi troppo scorsi a rubare; di cui donando spoglie e prigioni, traeano altri popoli a ribellarsi. Onde Ostorio da tanti pensieri afflitto si morì, con allegrezza de’ nemici d’avere spento con la guerra, se non col ferro, quel capitano di qualche stima.
XL. Cesare in luogo del morto, mandò Didio, il quale arrivato con viaggio prospero, trovò le cose non prospere, essendovi stata rotta una legione sotto Manlio valente, e fatta la cosa maggiore per isbigottire il nuovo capitano; e da lui vie più, per più sua gloria se vincesse, o scusa quando perdesse.