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434 | DEGLI ANNALI |
passaron prima le coorti del re con ricche collane e cavalli addobbati; le spoglie da lui acquistate nelle guerre straniere: seguitarono i fratelli, la moglie e la figliuola; in ultimo esso Carattaco, non come tutti gli altri raccomandantesi per paura, nè col capo chino; e condotto al tribunale parlò in questa sentenza:
XXVII. „Se io avessi avuto eguale alla mia nobiltà e grandezza, nelle felicità moderanza, sarei venuto a Roma amico e non prigione; nè a te sarebbe pamto poco allegarti con uno di sangue sì chiaro e tanti popoli signoreggiante. La presente fortuna mia quanto a me sozza, tanto a te è magnifica. Ho posseduto uomini, cavalli, armi e ricchezze: qual maraviglia se non l’avrei volute lasciare? A voi, se volete dominare ognuno, seguita che ognuno debba essere schiavo. Se io per tale mi ti dava alla prima, non sarebbe la mia disgrazia nè la tua gloria sì chiara; così il mio supplizio ne scancellerà ogni memoria; dove, se tu mi salverai, sarò della clemenza tua esempio immortale.„ Cesare per queste parole, a lui, alla moglie e fratelli perdonò. Essi sciolti, ne renderono riverenze, grazie e laudi al principe, e le medesime ad Agrippina, che si sedeva in altro vicino seggio. Cosa nuova, e fuori d’ogni antico uso, sedere tra le romane insegne una donna; ma ella si teneva di quello imperio, da’ maggiori suoi acquistato, compagna.
XXXVIII. I Padri ragunati parlarono con molta magnificenza della presa di Garattaco, non meno splendente che quelle mostre che fecero al popol romano P. Scipione di Siface, L. Panilo di Persa, o altri d’altri re incatenati. Ordinarono a Ostorio le