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LIBRO DUODECIMO | 429 |
dio che pensasse al ben pubblico; desse alla fanciullezza di Britannico un appoggio. Così avere il divino Augusto, benché di nipoti fondato, fatti grandi i figliastri; e Tiberio, oltre al figliuol proprio, adottato Germanico. Valessesi anch’egli di questo giovane, caricandogli parte delle fatiche. Con queste ragioni fu svolto a mettere innanzi al figliuolo, Domizio di due anni soli maggiore; e ne fece in senato diceria, imboccatagli dal liberto. Notavano i periti, ninno altro trovarsi adottato tra i Claudj patrizi, continuati per naturale lignaggio, da Atto Clauso in qua.
XXVI. Il principe ne fu ringraziato, e Domizio squisitamente adulato; e per legge vinta datogli il casato de’ Claudj e nome di Nerone, e ad Agrippina cognome d’Augusta. Fatte queste cose, non fu uomo sì crudo che non lagrimasse del povero Britannico; che abbandonato fino da vili servidori, per carezze che fuor di ragione faceva loro Agrippina, rimaneva schernito, e bene se n’accorgeva: dicono perché avea ingegno; e forse lo increscerne lo facea lodare senza aver data esperienza di sé.
XXVII. Ma Agrippina, per mostrare sua potenza anche fuori all’amiche nazioni, manda nella terra degli Ubj una colonia, e le pone il suo nome, perchè quivi fu conceputa; e abbattessi che quella gente venuta d’oltre Reno era stata ricevuta a divozione da Agrippa suo avolo. In quel tempo la Germania alta travagliò, per esservi i Catti entrati a rubare. L. Pomponio Legato vi mandò i Vangioni e Nemeti, aiuti nostri, con una banda di cavalli e ordine d’arrivar prima, o lasciarli sbrancare e cignerli alla sprovvista. Al consiglio del capitano aggiunsero i sol-