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LIBRO UNDECIMO 425

Adorsi, mostrando loro che Mitridate ribello alla potenza romana era niente. Convennero agevolmente, e che Emione con la cavalleria combattesse, e i Romani assediasser le terre.

XVI. Muovonsi schierati così: Gli Adorsi alla testa e alla coda; nel mezzo le nostre coorti, e i Bosforani armati alla romana. Rotto così il nimico, s’andò a Suza città di Dandaria, abbandonata da Mitridate per sospetto de’ suoi, e parve da lasciarvi presidio. Entrato ne’ Soraci e passati il fiume Paude, accerchiano Uspen, città in monte, con buoni fossi, e triste mura di graticci ripieni di terra, agevoli a disfare. Da alte bertesche, fuochi e saette lanciando, travagliavano gli assediati; e se la notte non ispartiva, seguiva l’assalto, e la presa in un dì.

XVII. La dimane màndaro a offerir la terra e diecimila schiavi, salvando i liberi. Troppa crudeltà parve tanti arresi uccidere, o briga a guardargli; meglio essere spegnerli con ragion di guerra. E fu dato il segno a’ soldati, saliti con le scale su le mura, di mandar tutti a fil di spada. Lo sterminio delli Uspensi spaventò gli altri, vedendoci mandare arme, ripari, luoghi aspri e alti, fiumi, città, ogni cosa a un piano, e nulla sicuro. Zorsine adunque, dibattutosi, se dovesse pensare al caso estremo di Mitridate o al suo regno, s’attenne all’utile; e dati ostaggi, si prostese dinanzi all’immagine di Cesare con gloria grande del romano esercito d’avere scorso vincitore senza sangue, sino a tre giornate, come, si vede, presso al Tanai: Non ebbe nel tornarsene egual fortuna, per certe navi trasportate per mare nelle costiere de’ Tauri, le quali que’ Barbari circon-