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LIBRO UNDECIMO | 423 |
così esser dignità dei suoi maggiori e di casa Cassia, da quelle genti ancora celebrata. Fatti dunque muover quelli che avevan fatto chiamare il re, accampatosi a Zeuma, dove è più agevole il passo; quando comparvero i grandi de’ Parti, e Abbaro re degli Arabi, Cassio ricordò a Meerdate, sollecitasse sua impresa, perchè i Barbari si muovono con furore, e tardando allentano o tradiscono. Non ne fece capitale per inganno di Abbaro, che il giovane non accorto, e stimante che l’esser re stesse nel vivere con gran lusso, trattenne molti dì nella terra di Edessa: e chiamandogli Carrene, con dire che ogni cosa era presta, venendo presto, non vanno per la corta in Mesopotamia, ma girano per l’Armenia, che si dovea, cominciando il verno, fuggire.
XIII. Stracchi per le montagne e nevi, si congiungono con la gente di Carrene vicino alla pianura; passano il Tigre, e attraversano li Adiabeni, lo cui re Giubate, che facea l’amico di Meerdate, in segreto tenea da Gotarze. Presero per viaggio la città di Nino, sedia antichissima dell’Assiria, e il castello famoso, ove Alessandro con Dario combattè e abbattè la potenza di Persia. Gotarze intanto nel monte Sambulo sagrificava agli Iddii del luogo, ove è in maggior devozione Ercole; il quale in sogno mostra a’ sacerdoti che a certo tempo menino al tempio i loro cavalli a ordine per la caccia; i quali caricati di turcassi pieni di frecce, corrono per boschi, e di notte tornano con molto ansare co’ turcassi voti; e lo Iddio di nuovo mostra loro in sogno in quai boschi corsero e trovanvisi sparsi i salvaggiumi per terra.
XIV. Ma Gotarze, non avendo bastevole esercito,