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LIBRO UNDECIMO | 421 |
tal parentado. Quindi si mutò il tutto. Governava una donna; nè per disonestà, come Messalina, si faceva giuoco dello Stato, ma si faceva servire, non come donna, e come da schiavi. Era in pubblico severa, spesso superba: in casa onestissima se non se per regnare; d’oro avidissima, diceva, per sovvenire il regno.
VIII. Sillano s’ammazzò il dì delle nozze; o per avere sino a quello sperato, o scelse quello per concitar più odio. Calvina sua sorella fu cacciata d’Italia; e Claudio ordinò farsi i sagrifizi del re Tulio, e le ribenedizioni de’ pontefici nel bosco di Diana, per lo ’ncesto di Sillano con la sorella, ridendosi ognuno che in tal tempo si punissero e purgassero gl’incesti. Ma Agrippina, per farsi conoscere anche per buone opere, fece ad Anneo Seneca perdonare l’esilio, e farlo pretore; pensando di far cosa grata al pubblico per essere gran letterato; e far Domizio allevar da tanto maestro, e valersi de’ suoi consigli, per arrivare al principato; come fedele per lo beneficio, e avverso a Claudio per l’ingiuria.
IX. Parve da non indugiare: e con gran promesse inducono Memmio Pollione eletto consolo a dir sua sentenza: Che Claudio sposasse Ottavia a Domizio; l’età s’affaceva: e ne seguirieno cose maggiori. Pollione quasi con le stesse parole che poco fa Vitellio, fece l’uficio; segue l’effetto; così Domizio di parente è fatto sposo e genero, e pari a Britannico, per li favori della madre, e per le arti delli accusatori di Messalina, che temevano non il figliuolo non li gastigasse.
X. In questo tempo gli ambasciadori dei Parti mandati a chiedere, come dissi, Meerdate, entrati in senato, espongono: „Venir bene scienti di nostra