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LIBRO UNDECIMO | 409 |
conobbe e uccise la rea moglie per poi torre la nipote carnale.
XXX. Già Messalina, ristucca della agiata copia degli adulteri, si dava a non più sapute libidini; quando Silio per fatale pazzia, o pensando rimediar al pericolo con altro maggiore, la cominciò a stimolare di matrimonio scoperto: Non potersi aspettar che si morisse il principe di vecchiaia; per la diritta poter andar gl’innocenti; ne’ peccati scoperti giova l’ardire; essere in aiuto i compagni al pericolo; esso, che non ha moglie nè figliuoli, la sposerebbe; adotterebbe Britannico; essa manterrebbe la grandezza medesima, e più sicura, se Claudio, che non si guarda, poi è rottissimo, vincessono della mano. Di questo dire ella non fe’ capitale; non per amor del marito, ma perchè Silio montato in sella, non la spregiasse e riconoscesse le scelleratezze già ne’ frangenti piaciuteli. Volle bene il nome di matrimonio, per la grande infamia, ultimo piacere di chi ha mandato giù la visiera; e fe’ le nozze solenni, tosto che Claudio fu ito ad Ostia per certo sacrifizio.
XXXI. Veggo che parrà favola che persona ardisse cotanto in una città, che tutto sa e nulla tace; che l’eletto consolo si trovasse il dì accordato a sposar colei ch’era moglie del principe; se ne facesse carta con testimoni, quasi rispetto a’ figliuoli da nascere; ella udisse le parole degli auspici; dicesse di sì; sagrificasse agl’Iddii; passasse tutta la notte in convito, con baci, abbracciari e licenze da nozze. Ma io, senza punto aggrandire, dirò quello che ho letto e udito da’ vecchi.
XXXII. Rimase la casa del principe spaventata; e