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388 | DEGLI ANNALI |
tenza. Ma, come da capriccio, non da pubblico utile, si fa muovere il volgo, non fu mal presa questa irregolarità di giudizio. Screditossi poi il troppo alla moglie ligio principe, al salvar Messalina, a ragion di lor tresche, Sabino; sotto Caio, prefetto della Gallia, destinato or a morte tra’ gladiatori. Più ira sì libidinosa donna, a tutti, for ch’a Claudio, nota, concitossi, al laido suo tramestio con Mnestere, valentissimo allor istrione, sì, che non volea isse in teatro, nè’l volea egli stesso; e Claudio giurava: Lui non esser seco, e da sè non mancare che ’l volesse. Or che più mirabile, di Messalina la licenza, l’ardir di Mnestere, i lamenti del popolo, o, del principe gli scorni?
XXXI. In sì scioperato governo cosa pur fu da fare a gran principi onore. La Tracia, sin qui regno, fessi provincia. Celeberrima fu anco l’ambasceria di Taprobane. Fu gran pezza creduto esservi altro mondo, detto Antipodi, scoverto poi Isola per le vittorie d’Alessandro Magno. Altro e più certo i Legati venuti a Roma, ne dissero; eccone come, sulle tracce di Plinio, di natural istoria illustre autore.
XXXII. Un liberto d’Annio Plocamo, che dal fisco compro avea l’imposta del mar Indo, l’Arabia costeggiando, spinto oltre Carmania da tempesta il dì 15, prese terra in Ippuro. In sei mesi, mercè l’ospitale clemente re, apparata la lingua, potè poi a sue ricerche narrar di Roma e di Cesare. Al racconto, gran colpo la giustizia li fe’; chè di par peso eran le monete nella borsa dell’ospite, mostrando i diversi conj esser fatte da più d’uno; e indi sopra