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386 | DEGLI ANNALI |
tadina a quel mar s’accrebbe, nuova leccornia alla gola.
XXV. Per non sembiar vinta natura, poco poi un Perugino, cavalier romano, questorio scriba, portò d’Asia la volatica, male ignoto sin là in Roma; il quale, come sdegnando donne e plebei, ne’ più distinti, delicati in lusso, al sol contatto d’un bacio radicava sì, che tutto il viso in molti copria, tranne gli occhi: scendea pel collo, petto e mani, con laida crosta, e con cicatrice del male più laida, in chi tollerar potè la caustica medicina egizia. Costante osservazion certo, che in vizj e morbi, quanto in agi e delicatezze, vantaggiato abbiamo.
XXVI. Furon consoli Valerio Asiatico la seconda volta, e M. Giunio Silano di dignità pari, non di grazia e averi. Silano a suo tempo usci di carica; Asiatico, se ben designato per tutto l’anno, rinunziò, esempio dato da altri, ma di poche fortune, e inabili alle spese dei giuochi circensi cresciute all’eccesso; ei però temea l’invidia nel primo consolato desta, per la grazia del principe, e l’immensa ricchezza, a torto; chè saper dovea, sospetta e mal sicura esser modestia nel colmo della sovrana grazia e delle dovizie, se invidia n’attacca; decorosi e sicuri i sommi onori se non eccedano.
XXVII. Messalina d’Asiatico nemica per invidia a suo sfoggiare, di sua possa contro lui fe’prova nella mina di M. Vinicio. Due volte console, di padre consolare, per Cesari affini, illustre, erale egli tanto più sospetto, ch’ei n’era leso per la morte a Giulia sua moglie data. Tema e furore accrebbe l’indarno tentata pudicizia. Ma giucò di veleno: e così alla sorda si disfece d’un uomo odiato insieme e