Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/388


SUPPLIMENTO AL LIBRO DECIMO 381

Giulio Cozio il regno, ma l’estese, aprendo a’ nemici assalti l’impero; se, morto il re, la perigliosa liberalità non correggea Nerone, l’Alpi Cozie facendo soggette.

XI. Tra tanti vituperi del governo, esempio pur videsi d’antico rigore; tolta a Rodiani, che colla croce a cittadini romani dier morte, la libertà; da loro, come alla colpa, a pentirsi facili, dopo alcuni anni, patrocinandoli Nerone, ricovrata. Men reo, più punito, fu Umbonio Silione, prefetto della Betica, coi Claudio, chiamato a Roma, rase del senato, a pretesto che bastante frumento non fornì alle truppe in guerra nella Mauritania: in realtà, perchè spiaceva a’ liberti. Ignorando che si volesse de’ suoi beni, l’immensa e ricca suppellettile subastò; ma venduta la sola senatoria veste, meravigliando che qui suo castigo restasse, privato, ma sicuro, godessi l’acquistate ricchezze. Si differì quest’anno la fiera per non turbar col tumulto de’ traffichi i riti sacri; riserva altre volte tenuta.

XII. Sotto i consoli M. Vinicio la seconda volta e Tauro Statilio Corvino, Claudio giurò al solito, dei principi: e l’antico uso rimise, che de’ pretori, tribuni di plebe, e altri collegi, un solo giurasse, non ciascuno. Ripresse poi l’uso delle pubbliche immagini cresciuto all’eccesso.

XIII. Sia dal nascer di Roma vedendo i maggiori che stimolo al bene sieno di virtù i ricordi, immortalarono con equestri e pedestri statue uomo o donna insigne, con a piè l’elogio, a ragguaglio dei posteri: istituzione di grand’uomini madre, ma dall’alterigia de’ magistrati guasta, che tronfi di lor grado, con vani titoli, di merito vóti, quella per-