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SUPPLIMENTO AL LIBRO NONO 355

fortuna, esempi, indole, ho scuola migliore: io l'impero, comune con voi arò il potere; nè temer dovete da uno del vostro corpo e partito„. Congedatili poi parlò a’ soldati, e fattasi giurar fedeltà, quindicimila sesterzi a ciascun promise; primo dei Cesari ad ingaggiar con premj lor fede.

XIII. Alla risposta di Claudio, da’ consoli furon convocati al tempio di Giove Vincitore i Padri. Molti il tracollo di libertà prevedendo, ascosersi in Roma, o preser campagna, per provvedere a sicurezza meglio ch’a dignità. Non furon che cento gli adunali, ma in soggezion della milizia, ch’a gran voci chiedea un principe, non volendone tanti, poco e mal gradito, per la libertà perorò Pomponio console: gli altri trattarono del principato; poichè v’aspiravano alcuni, tra gli altri Marco Vinicio, per nobiltà e per la moglie Giulia, insigne, e Valerio Asiatico più che d’autorità, d’ardire; ma l’un dell’altro in timore non fer mossa; e poi crescea di Claudio il partito a momenti, e temeasi che, dandosi all’armi, Roma gisse in aria, o disertando già i soldati, fospur tratti a vituperosa morte. Onde convennero in Claudio i Padri e la truppa; ringhiandor in van Cherea che finisser li tanti sforzi per la libertà, e ucciso un frenetico, s’assuma uno stolido; ch’e’ recherà loro se vogliano, la testa di Claudio. Sabino pur minacciava di prevenir colla morte tal infamia.

XIV. Vane bravate; più che tardi all’ossequio, più al servaggio proni van giù i Padri, e corrono, dietro Pomponio, al campo. Ma i soldati per astio al consolo, promotor di libertà, sguainate le spade, eran già per finirlo, se non sel mettea Claudio da lato. Altro che civiltà co’ senatori, anzi ripulse, bef-