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SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO 347

novano; venia al ritardo col mostrar cuore conciliando. Qui il duce Cherea s’arma di spada, e va a palazzo a prendere, alla militare, il segno. Non più lieto mai nè affabile il principe; o che natura del mal presaga gli ultimi sforzi facea di virtù, o perchè più dolce ghigna fortuna più che fella aguata. Poichè il dì stesso 27 gennaio era stato là tratto L. Cassio Longino d’Asia proconsole da lui di provincia richiamato per avviso della fortuna d’Anzio: si guardasse da’Cassj. Coll’imprigionarlo, e a suo grado ucciderlo, sicuro ei si credea della vita e del trono; nè vedea che gabban gli oracoli, non difendono.

LXXIX. Fatti dunque a D. Augusto i sagrifizj usati, a’ giuochi assistè. V’era in più coi tribuni Cassio Cherea, di Cassio Longino più da temere: a seder gli altri congiurati, a farsi cuore intenti, e a dileguar quel che già si bucinava della vicina festa. Da sanguinósa azion teatrica, e da piena idea di fìnta morte, ingazzullito Caio, uscito al bagno, e a pranzo sulle sette, era co’ nobili garzoni, di Asia chiamati a rappresentar teatrali opere, quando Cherea chiesto il segno della milizia, e avutone un laido: „Te„ disse „la ricevuta;„ e un fendente gli menù tra omero e collo. Egli sbalordito cerca scampo; ma gli è sopra Corn. Sabino, e lo strammazza col motto della congiura gridando: „Ripeti„. Giacendo Caio, e sclamando: che sia vivo; a un tratto da trenta ferite è spento. Disse altri che Cherea a più colpi gli diè sul collo, con dir pria: Sta qui:„ e di dietro Corn. Sabino passogli il petto; certo il colpo di morte lo recò Aquila.

LXXX. Perì Caio su’ ventinov’anni, dopo quattro