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346 DEGLI ANNALI

forza, da solo e nudo uccider Gaio, e salvar la patria.„

LXXVI. Applaudon tutti all’intrepidezza; ma pregano, per troppa fretta non pongasi in rischio il progetto, onde il riparo al male, altro maggiore e irreparabile ne tragga. Esser ornai i giuochi Palatini tempo attissimo al tiro meditato; in cui Roma attenta agli spettacoli, la berrovaglia niente sulle sue, o dall’angustia impedita de’ luoghi, dava onde ferir Gaio a man salva. Quetossi Gherea, se ben impaziente, e col tempo l’ira fomentando, il concertato dì primo de’ ludi attese. In fin venpe; ma per vari accidenti che frastornaro, nulla partorì: nè pure i quattro seguenti per costernazione e disparere de’ congiurati.

LXXVIl. Cherea, fremendo, convocatili in corpo l’incoraggisce, ricordando la giurata fede, il timor di tradimento, di Gaio il furore che faria d’ogn’erba fascio, l’immortal gloria di lor impresa. Fatto poi silenzio, e sorpreso a vederli spericolati e muti; in qualche sdegno: „Che badate,„ riprese, prodi campioni? è già de’ giuochi l’ultimo dì; Caio svenati i nobili tutti, i migliori, parte per Alessandria, a far pompa per terra e mare di sue libidini, e dello scorno di Roma. Massimi orrori a udirsi! enormi vergogne a tollerarsi!. L’Egitto stomacato di quel mostro ne trarrà forse vendetta, e la farà a noi di mano nel glorioso incarco. Sordo a’ vostri avvisi, sacrificherò io me oggi alla comun salute, certo dell’esito, e che sola infelicità e vergogna a me fia, se vivendo, d’altra mano che dalla mia Caio pera.„

LXXVIII. D’ira e rossore accesi tutti la fè rin-