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340 DEGLI ANNALI

per la patria, per la nazione, la sovrana clemenza e pietà implorava.

LX. Ricordassesi che suoi avi, Agrippa e Tiberio Augusto proavo, Giulia bisavola, avean tutti la giudaica religion favorito: Agrippa in Gerosolima iva ogni dì al sacrosanto tempio, e la veneranda maestà e la santità ammirandone de’ sacri viti, avealo di doni adorno; Tiberio non avea pur voluto restassero nella santa cittadella gli scudi d’oro, di nulla imagine segnati, e di solo titolo a lui nella reggia d’Erode da Pilato dedicati, ma che trasferissersi a Cesarea: Augusto non sol permise a’ Giudei ch’aprisser dovunque lor sinagoghe, e lor offerte in Gerosolima mandassero, ma volle si svenassero per sempre a sue spese ogni dì vittime al sommo Dio: Giulia Augusta della pietà del consorte emula, avea tratto tratto mandato fiale, calici, e più altri doni di prezzo.

LXI. Pregava ei però istantemente, che principe, niente in virtù a’ suoi avi inferiore, l’imiti anco nel favorire i Giudei. Accusava i benefizj da Caio avuti: frante catene, regno concesso: vane grazie e fatali, profanandosi il tempio, pericolando religione, ch’ei chiedea l’antiche catene, anzi morte; viver non potendo se à Caio non piaccia: nè volendo, se spiaccia a Dio, e profanisi suo tempio.

LXII. Placò il principe l’antica amistà e quella nobil franchezza; ma non affatto ritrattossi; a Petronio scrive: non faccisi novità nel tempio, ma che possa ognuno fuor di Gerosolima a sè e a’ suoi alzar templi ed are; e chi s’oppone, puniscasi o si mandi a lui. Tal essendo peste d’empietà e discordie in Roma; di sua indulgenza pentissi; e ordinò