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SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO 339

capi ad approvar l’empietà: deserte le città di Giudea, vote le case, esser tutti nella Fenicia a piegar Petronio uom niente crudo, ma che temea spiacer a Cesare, co’lor uffizi, e questi vani, esser pronti a rischi e morte; cui se incorrer doveano, consolavano ai almeno che morrebbono in estero paese, non anco violato il tempio.

LVIII. Ciò udito, a’ Legati punti di dolore, non ben anco inteso il forte del periglio, cade il fiato. Certo dall’aspetto e preghi di tanti infelici commosso Petronio, al principe scrisse in sensi tra pietà e rìspetto: ir lenta l’opra, ma sicura; le religioni più col tempo che colla forza prender piede; i Giudei tanto a lor culto attaccati, a troppo urtarli, delle campagne e della vita dimentichi andrebbon da sè a perire, a gran suo costo, che per tai regioni meditava il passo in Egitto. Caio, ne’ sospetti veggente, attinse: negargli, i Giudei gli onor divini, e Petronio usar arte; ma per tema che l’esercito disertasse, andò colle buone; e lodato Petronio di prudente, esortollo, che fatto il rìcolto, e sopito ogni rischio, accalorisse l’opera e ’l culto al principe dovuto.

LIX. Agrìppa re intanto, ignaro della rimostranza di Petronio, venne a salutar Caio. A vederlo turbato e d’ira gonfio, atterrissi; uditane poi rabbuffo, ch’era sua nazione ribelle, al principe, a suo nume nimica, raccapricciò sì, che svenuto fu ricondotto a casa. La dimane ripreso alquanto forze e spirito, lungo memoriale al principe stese, in cui libertà scusando professava; che amantissimo qual era della patria, nato d’avi, e proavi re insieme e sommi pontefici, rispettoso sempre dell’altissimo al tempio, per sè,