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338 DEGLI ANNALI

turba di vittime, che in giornaliero sacrifizio al nuovo Dio immolavansi, per giovial vita, e morir da forte, ebbe Cano Giulio il primo vanto.

LV. Nè più cogli Dei pio, che cogli uomini, fu Caio; che or con ingiurie e beffe oltraggiàvali, or li traca giù di lor are a farsene far corte al suo tempio, or mozzava lor il capo a surrogarvi il suo. E più a’ più celebri infesto, a’Tespesi il Cupido di marmo involò, opera di Prassitele: da rubar anco Giove Olimpio, miracolo di Fidia e d’arte, se Memmio Regolo, da portento o da stratagemma spaurito, non desistea. Ma che stupir di tai spregi a mute statue, se sfidava a pugna Giove Tonanto con prosunzion di vincerlo?

LVI. Fra tai deliri da pazzo vennero a Roma i Legati de’ Giudei d’Alessandria, da Filone scorti, uom d’eloquenza più che di sapere, a dar quercia: Che opprimeasi gente al culto addetta dell’un Dio, immortale, creator di tutto: le si togliean di cittadinanza i dritti, violavasi sua religione, profanavansi le sinagoghe con laide imagini di Dei fattizj. In tai pianti tanto più vivi, quanto i Giudei son queruli, nè cosa han più cara e delicata della religione, nuove e più forti ragioni di dolere ebbero in Pozzuolo, ove seguito avean Caio, stanze e sollazzi, ognor cangiante.

LVII. Cioè, profanarsi Ianna con culto estrano da Capitone tesorier di Caio: per sue arti, ed empj consigli de’ mentovati Elicone e Apelle, perir per essi il sacrosanto di Gerosolima tempio: spedirsi P. Petronio preside di Siria con truppe a’ piantar nel Sancta l’aureo colosso del Nuovo Giove illustre Caio, o a tutta sterminar la nazione; eseguirsi già in Sidone il sacrilego lavoro; convocarsi i sacerdoti e i