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336 | DEGLI ANNALI |
vedendosi dinanzi Caio, si dichiarò amico al senato; quell’indegnità con infame, ma di tal principe degna, benevolenza rimeritando.
L. Per non darsi vinti in quella gara d’infamità i Padri, decretaron de’ giuochi: e che di Caio il seggio se in curia venia, su ben alto tribunal si locasse lungi da tutti, e di guardie cinto: e anzi le sue immagini si tenesser sentinelle; e a quel sospettoso piacque sì, che confermò al senato sua grazia, e promise beneficarlo. Gran prova fu di tal riconciliazione Pomponio, che per accusa di stato datali da un amico, fu assolto: e premiata una donna non so se d’amicizia o di stupro, legata seco, perchè senza pietà collata, nulla confessò.
LI. Più che rari a que’ dì, più famati furono tai di clemenza esempi. „Ah, Caio„ gridavasi „passò dell’umana virtù le mete.„ Pensan multi ch’ei sia da porre tra gli eroi: molti suo Nume adorano, e’l fanno un Dio. Ei, che per sua vanità, o ad esempio e indotta de’ re d’Oriente, sul fin dell’anno avanti, era nelle province caduto in quel delirio; forte gioì a salire in Roma a quell’altezza; sperandosi meglio difeso dal titolo di Dio, che dalla sola maestà di principe; nè sapea che nume immortale, anco senza onori, è chi è’, con quanti può averne, è in ispregio uom che si fa nume.
LII. A far cominciò dunque il grande, ma lubrico noviziato della divinità. Tutti imita gli atti, gli abiti, le forme de’ numi: nè a sesso badando, Dei e Dee, vecchi, giovani, celesti, terrestri, acquatici, ricopia tutti, e il ciel tutto in sè solo accoglie. Stimando poi augusto il palazzo de’ Cesari per un Dio, fa sua casa Roma; e di Castore e Polluce il tempio reso