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SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO | 329 |
timi del principe, quell'anima di natura fiera, delle bizzarrie tutte d’Oriente invogliavano. Per tai stimoli l’ardente sua avarizia su’ Galli si scaricò; ma a non irritar gli animi, a far più bottino; or questo or quel giuoco mise su in Lione, con brevi e vari spettacoli i Galli divertendo. E a più gratificar la nazione, pria in armi, or in lettere, con discapito dell’antica braveria, occupata, gara propose di greca e latina facondia a patto che i vinti premiassero i vincitori, e ne facesser l’elogio. Chi poi men soddisfacea, con lingua o pugna cancellar dovea lo scritto, a non provare sferza o tuffo nel vicin fiume; grave pena certo, ma più lieve ch’a domar volesse audaci ingegni.
XXXII. A tai chiappole intesi, in vituperoso commerzio, ma di lucro l’intrigò; non vergognandosi di porre incanto dell’esuli sirocchie gli addobbi, gli arredi e schiavi e liberti; offerendo ognuno il più, per la novità del caso, per vanto di comprare, e più per vanità di farsene bello. Allettato dall’utile, quanto v’era nel vecchio palagio si fe’ venire, sì indiscreto, che presi al trasporto d’ovunque carra e giumenti, mancavano a Roma i viveri: e più litiganti non potendo per distanza trovarsi al dato dì al giudizio, perdean la lite.
XXXIII. Più infame della vendita fu la figura che vi fe’ Gaio, non pur testimone, ma banditore, che a più presto e caro vendere mostrando i capi: „questo„ gridava „è di mio padre, questo di mia madre, di mio avo, di mio proavo; questo riportò d’Egitto Antonio; questo dalla vittoria d’Azzio, Augusto.„ E con lusinghe adescandoli: „Quanto godo che sì egregie memorie di tanta nobiltà in-