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SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO 327

si; nè sol Roma, le più rimote province agli Dei e al genio del principe sacrificaro.

XXVII. Eran tutt’altri i sensi di chi nel suo lume vedea tai scorni della maestà e del valor romano. Tutti ne concepiano spregio: alcuni crebbero in ardire, ma infelice; più vegghiando a sua salvezza Caio, più che dava onde aborrirlo. Lentulo Getulico ne fu vittima, sospetto di congiura, più forse odiato per l’amor del popolo e della truppa. Più certa e tremenda, perchè domestica, trama ordiro Emilio Lepido, destinato erede all’impero, e Giulia e Agrippina a lui di laido nodo avvinte; a tanto più rischio, ch’era con lor Gaio in segrete tresche. Ma con par felicità l’empie pratiche venner fuori, o scoperti a pena, lo scotto pagaro, Lepido colla morte, Giulia e Agrippina coll’esilio. Nel trarle a Ponza, fu ordinato ad Agrippina di recarsi in grembo insino a Roma in un’urna l'ossa di Lepido.

XXVIII. Nè ciò bastò al principe fiero in vendetta, e poco l’infamia di suo sangue curante; chè biglietti di congiura con frode e incesti, procurati, fe’ pubblici’, e con lettera al senato, non che le sorelle fuor dì denti accusar d’empietà e lussuria; tre coltelli mandò anco, ad eterna memoria del sacrilegio, apprestati a ucciderlo, ch’ei sacrò col motto:» A Marte vendicatore. Vietò pure di trattarsi unqua di onori ad alcun del sangue, crudo sì ver la cesarea casa, che, a detto d’alcuni, fu di suo cenno sommerso in Reno il zio Claudio nell’abito che venne; da stizza che spedisselo il senato non a congratularsi di sua salvezza, ma come a guidare un ragazzo. Ai soldati poi, qual per oste disfatta, diè strenua. Tra le sconcezze di quest’anno, disfattosi di Lollia, sposò Gaio