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326 DEGLI ANNALI

ché giunto a pena al campo con ignominia i Legati congedò, stati più tardi a recar soccorsi: e fe’sì la rassegna dio i più de’ centurioni maturi, e alcuni pochissimo lontani dal termine, cassò intaccandoli di squarquoi; e garriti gli altri di avidi, la paga agli emeriti scemò di milioni sei di sesterzi.

XXIV. Varcato poi a Magonza il Reno, tutto ferocia contro gli Svevi, in suo stretto, e tra la serra della truppa, tratto in cocchio, e da non so chi, esservi da sudare se il nemico apparia, salito tosto a cavallo ver i ponti il punse, cui di fardaggi e saccardi trovati zeppi, impaziente, e cacciato dalla paura, a man d’uomini e su lor teste passò oltra; sì dai magnanimi genitori tralignante.

XXV. Con fortuna accanito, di gloria sitibondo, caso cercò’ di vittoria non sì rischioso; cui per avere, pochi Germani della guardia passar fe’ il Reno, imboscarsi, e recar dopo pranzo avviso che a rompicollo è lì il nemico. A questo, fugge co’ suoi, e parte de’cavalli pretoriani, alla vicina selva; ove stramazzati degli alberi, e acconcili a trofei, a lumi di faci ritornato, dà del codardo e poltrone a chi non l'avea seguito; a’ compagni poi, e partecipi della vittoria, corona di nuovo genere e nome, che distinte per figurar Sole, Luna e Stelle, chiamò esploratorie.

XXVI. A tai comiche vittorie formisura algaroso, senza pur veder nemico, è gridato imperadore; e, qual atterrata la Germania, lettere manda a Roma laureate; lagnandosi in un editto, che ’l senato e popolo romano, lui pugnando, e a tanti rischi esposto, divertiasi ad intempestivi conviti, al circo, ai teatri, a ville. Men che v’era ragione, più festa fes-