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322 | DEGLI ANNALI |
son prodezze da uomo, da padron del mondo: mare incatenato e calcato, città espugnate, popoli vinti; gli stessi Dei mia maestà rispettando, tengon flutti e venti a freno.„ Con questo e simile buffonare vantandosi, le truppe, socie ne’ travagli e pericoli appella, e con doni più che con lodi desta a letizia.
XIV. In canti, stravizzi, giuochi e gazzurro il trionfal esercito menò il resto del dì. Il principe seguito dagli amici sul ponte stè come in un’isola; gli altri scesero nelle navi site come guernigioni. Non interruppe la notte il godere, accrebbe anzi con incredibile singolare spettacolo la maraviglia, chè ponte e navi splendean tutte di faci. Ma quel che passò ogni stupore, il semicircolo del littorale da Pozzuolo a Baia, per colli, monti, flessuosi seni mirabilmente ripartiti, ardea tutto di falò, che riverberando adduppiavansi in mare: e la notte, al di èmula, vinse di splendore il sole; a gran boria del principe, che in due dì su mare, terra, e cielo avea trionfato.
XV. La sfrenatezza de’ bagordi quell’anima in baie sin là occupata, piegò all’insita crudeltà e forse l’imitar Alessandro spinto all’eccesso; tal furor l’invase contro amici, contro ignoti e cogniti, e molti anco invitati dal lido! Chi fu giù tratto dell’alto ponte, chi annegato, mentre fra canti e suoni per mare il principe scorrea, e chi per disio di vita, se ben nell’accesso della galloria, a timone, o ad altro aggrarapavasi, con pali e remi era pinto in acqua, niuno ostando, ridendo i più dell’altrui male.
XVI. L’insano tripudio terminò qual suole, in mal umore; e spazzato l’erario, l’usate arti tornaro.