Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/328


SUPPLIMENTO AL LIBRO OTTAVO 321

e suvvi terrapieno sul modello della Via Appia, con de’ posti tratto tratto, per ostelli, e serbatoi d’acqua dolce.

XI. Allor Caio, del vano stupore, e della stolta ostentazion di sua possa orgoglioso, millantasi: Che a Dario e Serse superiore in trionfar del mare, non cederà ad Alessandro in debellare i nemici; e ordina sia tutto in concio a guerra. Al dato dì, dopo sacrificato a Nettuno e agli altri Dei, massime a Livore, onde invidia non desti l’eccelsa impresa, vestita la corazza d’Alessandro con indosso purpureo manto in seta a fregi d’oro e gemme, con corona di quercia, su bardato palafreno, di scure, scudo e spada armato, entra in ponte a Bàia. In lunga serie fanti e cavalli dietro al principe, che incoraggisce, e fa strada al gran fatto d’arme; a bandiere spiegate, spirando ferocia corrono ad assediar Pozzuolo: e investitolo, in più schermugi, e con ogni mostra di guerra, l’espugnano.

XII. Non fu resa di città più esaltata; nè la vanità di Caio da adulazione fu vinta. Come valor guerriero, stanchezza fingendo, il resto del dì passò a ristorarsi. L’altro dì a nuove libidini più fresco, in militar pompa ritorna; da cocchiero, ma in tonaca d’oro, su cocchio a due famosi cavalli, Dario, e molle spoglie dell’arresa città, a foggia di trionfo, traendosi avanti, con corpo di pretoriani, e ne’ cocchi la sua combriccola in magnifiche vesti fregiate a palme. Seguiva l’espugnator esercito e turba immensa, in varia gala.

XIII. A mezzo al ponte su rialto ivi eretto, salì il Principe, e da generale a’ soldati favellò: „Che Dario? che Serse? bamboccerie le loro. Le mie sì