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SUPPLLMENTO AL LIBRO OTTAVO 319

il veleno in manicaretti. De’ più vecchi poi, cui lasciava vivere, dicendosi lor figlio, o nipote, tosto beni occupava, dichiaratosi erede.

VI. Più anco iniquo che falotico nuova materia di delitti ordisce. Poichè ito in senato in un’aringa a’ Padri: „Stupisco, come da voi si biasimi di Tiberio la somma saggezza in guerra e in pace, al pondo del governo uguale; che la pubblica felicità facea, se non erate voi. La rovina voi foste di Libone Druso, di Tizio Sabino, d’Agrippina madre, di Nerone e Druso fratelli, e d’altri, cui l’equità di Tiberio, del retto tenace, non avvia tocco. Chi da spia, chi da accusatore, tutti col voto incrudeliste„.

VII. Indi fatti legger da’ liberti i sommarj, e provati i delitti: „Che razza di bestie voi siete, tanto or facili a colpar Tiberio, quanto a lui, sinchè visse, prostrati! Fabbri allor di delitti, or sua memoria detestate. Colla stessa volubilità Seiano in baldanza metteste, poi in rovina. Tal vostre prodezze mi annunziano che debba da voi attendermi„. E mettendo altrui in bocca più fieri sensi parlar fe’ Tiberio così: „Dì il vero e ’l giusto: a niun di loro sii amico: a tutti severo. T’odieranno, e dopo indarno imprecatoti morte, te la trameranno. Non badare a’ lor sensi e parole: de’ fatti diffida; sodisfa al capriccio: pensa a tua salvezza; quest’è esser imperadore; questa la via, la norma di regnare. Un fil che devii, breve lode, morte violenta, oscuro nome, n’è il fratto. Odian tutti chi comanda; ubbidienti per tema del più forte, se sentansi in gambe, faran vendetta della servitù coll’eccidio del padrone„.