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SUPPLLMENTO AL LIBRO OTTAVO 317


I. Sendo consoli Caio Cesare la seconda volta e L. Apronio Cesiano, di mutuo odio arse il principe e ’l popolo. Questo di suo pazzo godere, e vil tollerar noiato, a mirar con orrore i giuochi di suo sangue intrisi, bestemmiar lo scapestrato governo, dar contro i maledetti spioni. Caio abituato all’audacia, a spregiar le giurate leggi, continuar dì e notte spettacoli, sempre micidi, far di tutto reità, studiar solo sua sicurezza, e le publiche catene.

II. In tal contrasto e gara, indragato a veder deserti suoi spettacoli, dimise Caio il consolato uscente gennaio; e surrogato Sanquinio Massimo prefetto di Roma, si ritirò in Campagna. Resosi poi a Roma per celebrare il natal di Drusilla, vien più pazzo che mai per gli spettacoli, e al par di danaro ingordo. Ma deluso della speme di far l’oro, inspiratali da ciurmadori, amici de’ grandi, di lor natura per segreti e maraviglie sì passionati, alle solite diessi, e provate arti di rapinare. V’era già editto, che chiunque destinato avea Tiberio erede, legasse, morendo, il suo a Caio; aggiunse il far nulli, come inofficiosi, i testamenti de’ Primopili, che dal trionfo di Germanico in poi, fatto non aveano erede il principe. Più rigore si usò con appaltatori, e soprintendenti di strade, come usurpatori del publico danaro; scussi per Gn. Domizio Corbulone, della stessa condanna sotto Tiberio infamato.

III. Non arrossò ei medesimo, abolito l’uso, che due pretori tirino a sorte i gladiatorj spettacoli, di porre i giuochi ad incanto; i gladiatori vendendo (con libertà di più comprarne del permesso da legge) a