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310 DEGLI ANNALI

polpar l’esausto erario. Contro senatori singolarmente, e’ più ricchi, la prese, colpandoli clienti di Sciano, spie contro madre e fratelli: mise fuori processi fatti creder bruciati; e a molti fe’ delitto capitale il suo malore dell’anno scorso. Niun ordine giudiziale, con condanna o senza, confiscati i beni, gl’inquisiti abbattea lo stesso colpo; stigati gli accusatori da’ premj, dall’impunità, dalla rapacità del principe.

XXXII. Aggrevò, non medicò il feral male, Drusilla estinta, tra le sirocchie a furore amata. A Cassio Longino, poi a M. Lepido sposata, avealasi impudente, ad esempio de’ re barbari, presa a moglie, creandola sua universal reda e dell’impero, quando fu a morte. Da strana tristizia, per perderla, oppresso; bandì feriato e pubblico mortoro, ma coll’istessa stravaganza in lutto, che in libidine; nè v’intervenne, nè le fe’ gli ultimi doveri; a pudor sì ribello, che nel comun lutto e tra tutte le mostre di tristizia in tal funerale con pubblico elogio di M. Lepido, divertiasi egli senza decenza nel suo Albano a dadi, a spettacoli, a tali altre leggerezze.

XXXIII. A un tratto, di duol furibondo, fatto misantropo, in lunga barba e crine, le coste d’Italia e Sicilia ramingo scorre. Cangiatosi poi, da Siracusa a rompicollo torna a Roma, fermo di non piagnere, ma onorar Drusilla. Quanto a Livia il senato fatto avea d’onore, fu di colta dato a lei; e stabilito, abbia culto divino, sua effigie d’oro ergasi in senato, un’altra al tempio di Venere con dari maestà e ossequio; le si alzi poi tempio: le statue sacrino uomini insieme e donne, queste giurin pel suo nome, e ’l dì natalizio celebrisi con ludi