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SUPPLIMENTO AL LIBRO SETTIMO 309

di minio e borace lastricato, guidando i cocchi i senatori, e ’l principe stesso il suo d’argento.

XXIX. Baie sin qui, non orrori: ma di corto per l’adulazion de’ Padri, in licenza, pel popolar plauso, passate in laidezze; non vergognandosi essi, dal principe chiesti, di far teatrali, e micide leggi, e decretate, che ne’ gladiatori spettacoli non a duello, ma a truppe, come in battaglia si pugnasse. Nè più con sudore, ma col sangue e colla vita combattesi; e tra’ plausi di quell’anime vili e del popolo alle sue stesse stragi, lo spietato principe chiama chiunque in campo, e vi fa vittime venzei cavalieri. Nè mai di sangue sazio, nè sempre bastando i dannati alle fiere, fa prendere gli spettatori, è mozze le lingue, da non parlare e destar pietà, a quelle gittarli: nè ’l, pazzo furore, se non in più lievi stragi, allenta.

XXX. Macrone il primo diè in pania. Persuaso che sì folle governo farà sua rovina e de’ promotori, a Caio, cui tre fiate a morte sotto Tiberio sottrasse e portò al soglio, suggeria moderazione, clemenza, umanità. Più odiosi in Macrone già consiglier d’adulterj, eran tai avvisi, nè pur in Silano, socero di provata virtù tollerati. Pur dissimulò Gaio, per gratitudine o per tema de’ pretoriani. A disfarsene poi con onore lo deputò in Egitto. Ma come pèsa la memoria de’ benefizj a’ sovrani, l’òdio pe’ misfatti vive eterno; di gratitudine e di rancore in un si sciolse, intimando morte a Macrone. Ennia la moglie pur uccise (con cui da privato se l’era intesa d’amore), una colla prole, onde non resti dell’odioso tronco radice.

XXXI. I privati scempi divenner pubblici a rim-