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SUPPLIMENTO AL LIBRO SETTIMO 307

dietro promulgò d’avere incontrato nozze a norma di Romolo e Augusto; pochi dì poi la ripudiò.

XXIV. Stupido a tai novità il popolo, non fiata, di sue recenti virtù persuaso ancora; e supponendo anzi bonario, ragione in lui di tai rigori, che crederlo un altro. Ei stesso non anco efferato, nè disaccorto, spogliate l’altre virtù, popolarità e munificenza ritenne: e a farsi lodar vindice di libertà e di pubblica allegria, aggiunse per sempre a’ saturnali un giorno ch’appellò giovenile. Già, nel sen di libertà, d’un sol di celebravansi quelle memorie di sempre agognati, non provata mai felicità; due n’aggiunse Giulio Cesare, furieri di schiavitù: a quattro nel pieno di questa, poi a cinque crebbero; nè fu mai più lieta di libertà la membranza, che spenta essa affatto.

XXV. Aquilio Giuliano e Nonio Asprenate, nell’anterior principato designati, entran consoli, negli atti giurando d’Angusto e Gaio, omesso Tiberio distruttor del Germanico seme; uso poi serbato, nè v’entrò più suo nome. I consoli, e ogn’altro, a’ giuri aggiunsero: Esser loro più cari Caio e le sorelle che sè stessi e’ figli: per essi tutti eran anco i voti. Pur, al solito de’ critici casi e de’ preludi di sollevazioni, fu chi sparse portenti: Che Macaone schiavo il primo gennaio al letto salì di Giove Capitolino, e gran disastri presagiti, si diè morte.

XXVI. Non vi fer badare più lieti auspicj, e la sovrana generosità. Fu allora che pubblicaronsi i conti dell’impero, rimisersi al campo i comizj, con più altri atti popolari; poichè i soldati incaricò Cesare di spegner gl’incendj; e risarcì con danaro i danneggiati; co’ benefizi s’aggradi le province, e