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32 | DEGLI ANNALI |
guadagnare. Tre legioni stavano insieme negli alloggiamenti della state sotto Giunio Bleso; il quale udita la fine d’Augusto, e’l principato di Tiberio, aveva tra per lo duolo e per la letizia, trasandato l'esercitarle. Quinci presero i soldati a svagarsi, quistionare, dar orecchi alle male lingue; finalmente cercare i piaceri e l’agio, e l’ubbidienza e la fatica fuggire. Eravi un Percennio, stato capo di commedianti poi soldatello linguacciuto; e per appiccar mischie; avvezzo già tra’ partigiani de’ recitanti, valeva tant’oro. Costui cominciò la notte o la sera a contaminare i deboli dubitanti, come sariano trattati i soldati ora che Augusto non ci era, ritiratisi i buoni; ragunata la schiuma, e preparati altri rei strumenti; quasi in parlamento gl’interrogava:
„XVII. Che tanto ubbidire, come schiavi, a quattro scalzi centurioni, e meno tribuni? Quando avremo noi cuore di rimediarci, se non affrontiamo il principe co’ preghi o con l’armi ora che egli è nuovo e balena? Dappochi siamo noi stati a tollerare trenta anni e quaranta di soldo; trovarci vecchi e smozzicati dalle ferite; non giovarci l’essere licenziati, da che siamo ritenuti all’insegne, e sotto altro vocabolo i medesimi stenti patiamo. E se alcuno avanza a tante fortune, ci strascinano in dileguo, e dannoci in nome di poderi, pantani e grillaie. Ell’è pur tribolata e scarsa questa nostr’arte: dieci assi il giorno ci vale anima e corpo; con questi abbiamo a comperar vitto; vestito, armi, tende, misericordia da’ centurioni, e un po’ di risquitto. Sempiterne si son le mazzate, le ferite, i verni crudi, le stati rangolose, la guerra atroce, la pace tapina: e’ bisogna sgravarci con patti chiari; che ogni dì ci venga un denaio in-