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LIBRO SESTO | 279 |
XXVIII. Essendo consoli Paulo Fabio, e L. Vitellio, voltati molti secoli, venne la fenice in Egitto: materia a i dotti della contrada e della Grecia, di molto discorrere di tal miracolo. E degno fia, ove convengono, ove discordano raccontare. Tutti scrivono esser quest’uccello sagrato al sole: nel becco e penne seviziate, diverso dagli altri. Degli anni, la più. comune è, che ella venga ogni cinquecento: alcuni affermano, mille quattrocento sessantuno: e che un’altra al tempo di Sesostride, altra di Amaside, la terza, di Tolomeo terzo re di Macedonia, volarono nella città d’Eliopoli, con gran seguito d’altri, uccelli, corsi alla forma nuova. E’ molto scura l’antichità, da Tolomeo a Tiberio fu meno di dugencinquant’anni; onde alcuni tennero questa fenice non vera, nè venuta d’Arabia; e niente, aver fatto dell’antica memoria, cioè, che forniti gli anni, vicina al morire fa in suo paese suo nidio: gettavi il seme; del nato e allevato feniciotto la prima cura è di seppellire il padre; accaso noi fa, ma provasi con un peso di mirra a far lungo volo; se gli riesce, si leva il padre in collo, e in su l’altare del sole lo porta e arde; cose incerte, e contigiate di favole1. Ma non si dubita che qualche volta non si vegga questo uccello in Egitto.
XXIX. In Roma continuando le morti, Pomponio Labeone, che, come dissi, resse la Mesia, si segò
- ↑ Abbellite. Voce latina, compta: l’usavano gli antichi; e diceano contigie le cirimonie e ogni abbellimento. In Francia le donne di parto quando nel letto raffazzonate aspettano le visite, si dicono stare in contigia.