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LIBRO SESTO 267

negherà essere state in Seiano: spillare i concetti1 o disegni segreti del principe, nè lecito è, nè sicuro: nè può riuscire. Considerate, Padri Coscritti, chi fu Seiano, non l’ultimo dì, ma sedici anni: che insino a Satrio, a Pomponio, c’inchinavamo, chè l'esser conosciuti dai suoi liberti e portinai, ci parerà un bel che. Che voglio adunque? difender ogn’uno? no; ma che si faccia giusto divario. Chi ha voluto con lui tradire la repubblica, ammazzare lo imperadore, puniscasi; chi gli è stato mero amico, e servigio gli ha fatto, sia. come te, o Cesare, senza pena.„

IX. Questo generoso parlare, e l’ essersi trovato uno che sborrò il rattenuto da tutti, operar sì, che i loro accusatori, tra per questo peccato, e per altri, furon dannati ad esiglio, o morte. Venne poi altra lettera di Tiberio, contro a Sesto Vestilio, stato pretore, caro a Druso fratello, però tirato in corte. Dispiacque l’aver poetato (o si credette) delle disonestà di C. Cesare; onde cacciato di casa, con la vecchia mano si punse le vene: poscia legatelesi, supplicò, e per lo riscritto crudo, le sciolse. Seguita una frotta d’accusati di maestà; Annio Pollione, Viniciano suo figliuolo, Appio Silano, Scauro Mamerco, Sabino Calvisio, tutti di sangue chiari, e alcuni di sommi onori. A’ Padri ne venne triemito; e chi non era di tanti illustri parente o amico? Pure Celso tribuno d’una coorte di Roma, uno

  1. Diminutivo di spiare: per vie occulte e strette sottrarre. Con metafora passata in proprietà diciamo spillare la botte per assaggiarla, traendone non per la cannella il vino, ma per lo spillo, cioè picciol pertugio, fattovi con istrumento detto anche egli spillo, e dagli antichi squillo.