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254 DEGLI ANNALI

disse che l’amor di Seiano a me vergogna, o a Seiano odio fosse per arrecare: di sua amicizia usai a ben dello stato1. Rivolta la fortuna, ei che lo si era fatto genero e collega, sè non riprende; gli altri lo favorito con vergogna, perseguitano con malvagitade. Cesare scolpa la fé di Seiano per sedici anni provata: questi un’infame adulazione fa rei: salvino me di amicizia i sacri dritti. Non so qual sia maggior miseria, o l’esser per l’amicizia accusato o l’amico accusare; provo il primo, aborro l’altro: nè me smentirà de’ miei giorni il fine: illibato vissi, morrò con onore. A niuno chieggio nè crudeltà, nè perdono, ma libero e dentro scarico, non aspetterò il pericolo; pregando voi a tener memoria di me, non dolorosa, ma lieta; annoverandomi tra coloro che hanno fuggito i mali pubblici con un bel fine».

XLVII. Così detto, chi volea trattenendo o licenziando, consumò parte del giorno; e mentre si vedea d’intorno ancor molti; con fermo viso, come non presso al morire, trattosi una arme di sotto, vi s’infilzò. Cesare di lui morto non disse mali nè vergogne; come di Bleso.

XLVIII. Trattossi poi di P. Vitellio e Pomponio Secondo. Quegli diceasi aver offerto la chiave2, ch’era in sua cura, del danaio, per la guerra, se lo stato si voltasse: questi era accusato da Considio, stato pretore, per amico d’Elio Gallo, che punito Seiano si fuggì nelli orti di Pomponio, per suo più fidato ricetto. Aiutolli la bontà sola de’ fratelli,

  1. Questi quattro pezzetti in carattere diverso son suppliti ed inseriti dal Brotier ne’ voti del Tacito.
  2. Una simil offerta fece Bertoldo Corsini nel 1537.