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SUPPLIMENTO AL LIBRO QUINTO | 251 |
sperità de’ suoi eccessi, tanto odiati, pe ’l suo rovescio più che per la fortuna famoso. Fin morto straziaronlo i Padri; e ad abolirne l’esosa memoria fer legge, non si pianga Seiano, ne si rada il nome da’ fasti e monumenti, ergasi nel Foro statua alla libertà: con questo di nuovo, che celebrisi festa da tutti i magistrati e sacerdoti; e ogni anniversario della morte, giochi e cacce a talento de’ quattro collegi di sacerdoti, e de’ soci augustali; in fine, onde più la repubblica esposta non sia a pari attentati, prescrissero, veruno più s’alzi ad eccessivi onori, nè per altri che per l’imperadore si giuri; pria nell’adulazione, or nell’onta soperchi.
XL. Roma intanto era tra due; lieti tutti da Seiano gli offesi, o trasandati, o i crucciosi dell’insolente fortuna; tristi e tremanti i complici, parenti, affini, amici. Ne’ quai garbugli, per quanto a tutti magistrati accomandasse Tiberio la guardia della città sollevatisi i pretoriani, irati perchè in fede e rispetto al principe, lor si preferissero i vigili: e fuoco e sacco per lor mano, e pel popolo violenze contro i caporioni della seianiana sevizia, e vendetta dei sofferti danni con più omicidj.
XLI. Queta già Roma, d’onorar il principe, e premiar Macrone e Lacone, trattossi. Il decreto fu: Nomassesi Cesare Padre della Patria: se ne celebrasse il natale con dieci pugne equestri e banchetto in senato: spedissersi Legati a Capri, senatori, cavalieri, e della plebe, col console Memmio, a congratularsi col principe di sue providenze e della pubblica salute. Di gran somme rimunerasi poi Sertorio Macrone e Grecino Lacone; a questo l’insegne questorie, a quello le pretorie accordandosi: e