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244 | DEGLI ANNALI |
farsi notare da’ liberti ed uscieri, a contemplarlo, fargli corona ed inchini, entrare a un suo motto o cenno in alte speranze. Ognun l’acclama, lo celebra: e chi in quei saggi di schiavitù adorar vergognasi di persona quel nume, ne adora senza ribrezzo l’immagini.
XXV. Nulla stupì a tant’ardor di Roma Tiberio, ma v’aprì gli occhi: e a L. Pisone, di censoria casa, accettissimo pel sì raro nesto di mollezza e virtù, e per sua disinvoltura nei più ardui maneggi, partecipe del segreto di stato nella prefettura di Roma, ingiugne che vegghi; ed ei, destro rintraccia i colloqui del consolo, gli ossequi de’ senatori, i voti de’ cavalieri, i parlari del popolo, ogni novità; l’offese dissimulando, per aver più in mano, onde far poi sangue. Nuova materia d’ossequi aggiugne anco, raccomandando con lettera al senato la fede e le cure di Seiano, cui noma gran sostegno ne’ più gran pesi, socio dell’impero, Seiano suo.
XXVI. Il console o per gratitudine al fiero principe, o per farlo odioso, dà contro a’ primari da lui nimicati; e a torto processatili, li uccide. Geminio Rufo tra loro, accusato di ribelle, va in senato, e per render propizio Cesare a’ figli, lessevi il testamento, che partendo l’eredità, ad essi l’uguagliava; atto che non parve da forte. A casa poi tornato, anzi la condanna, aspettando il questore colla fatal intima; a vederlo, ferissi a morte, e la piaga additando: „Rapporta, disse, al senato come si muor da uomo.„ Publia Prisca, del marito emula, citata, presentossi in senato, e con un pugnale recato ascoso, dandosi, vi restò.
XXVII. Seiano, or che per tanti assassinj il solio