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18 DEGLI ANNALI

lia di tribuno, sue fogge, vita e costumi, pur con rispetto, quasi scusandolo, rinfacciatoli.„

XI. Finita la cirimonia della sepoltura, gli s’ordinò tempio e divini uffici. Voltaronsi poi le preghiere a Tiberio: egli parlamentava della grandezza dell’imperio con la modestia sua: „Quella mente sola del divino Augusto essere stata capace di tanta mole avergli, con la parte de’ carichi impostagli, insegnato, quanto ardito e zaroso sia reggere il tutto; non dessero tutte ad uno le cure d’una città fondata di tanti uomini illustri; più compagni aiutantisi compierebbono gli affari pubblici più di leggiere.„ Scorgevasi in questo parlare di Tiberio più pompa che lealtà; le cui parole1, per natura e usanza doppie e cupe quando s’apriva, ora che a più potere si nascondeva, erano in cotante più dubbiezze e tenebre inviluppate. Ma i Padri per non parere d’intenderlo (che era la lor paura), si davano a piagnere, a lamentarsi, raccomandarsi con le braccia tese agl’Iddii, all’immagine d’Augusto, alle ginocchia di lui; quando egli fece venire e leggere uno specchietto di tutto lo stato pubblico; tanti soldati no-

  1. Gli antichi capitani portavano per insegna il Minotauro; mostrando dover tener i secreti nel profondo de’ loro animi impenetrabile, ’come il mezzo del labirinto; e Tiberio usava dire: „ Quando il principe non s’è lasciato intendere, esser a tempo a far molti beni e schifar molti mali:„ ma egli voleva fare il male, e non si scoprire: però noi comandava chiaro, ma l’accennava infruscato, e gastigava così chi l’aveva per grosso intendere disubbidito; come chi per sottil penetrare scoperto e offeso. Volendo col tener l’unghie dentro, e gli occhi chiusi, non esser conosciuto gallone. Onde conveniva a’ poveri senatori arare molto dritto.