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LIBRO QUINTO | 239 |
gerendo timore. Ne’disastri invitta, superiore alla fortuna, dell’indegna sua piaga stessa compiacesi Agrippina, persuasa aver sua meta l’enorme, e confinar colla rovina lo smodato poter di Seiano, di sì pazze atrocità autore.
XIII. Ma ei del buon esito di que’colpi altiero, volgesi a Druso; e, a rovinarlo, stiga Emilia Lepida, seco di stupro avvinta, sulla lusinga dell’affinità, e di dominare, al laido uffizio di spia. Ella, quanto libidinosa, audace, va al principe con più accuse contro Agrippina e Nerone; a’ vecchi odj, ai nuovi sdegni, mantice. Ne’ medesimi delitti Druso involge in parte scusato sulla verde età, e sul titolo di suo sposo, a far più breccia. Privo di difesa, è tosto tratto in Roma il giovine.
XIV. Sin qui era in porto Tiberio, non così Seiano; che temea d’un animo inasprito all’oltraggio, d’un pentimento in Tiberio: e di mal occhio vedea in piedi i due’ sostegni dell’impero1, e però a nuova istanza contro Druso suborna il vil Cassio Longino, console venale; rapportando egli al senato, il console a Cesare, che: „infellonito il giovane dal castigo, macchina novità, e con popolari brogli si fa partito de’ malcontenti.„ Rispose Cesare. „Il nipote, di minor pena indegno, si cacci ne’ sotterranei del palazzo sotto gelosa guardia: quanto fa e dice, si spii, si scriva, gli si trasmetta.„
XV. Seiano tanto più gioiante piegar vedea tutto ver sè lo scettro sostenuto da un vecchio e da un giovane imbelle;2 quant’ei sicuro pascea sua spe-