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LIBRO PRIMO 17

celli fatti in Roma de’ Varroni, Egnazj e Giulj. Sindacavanlo ancora de’ fatti di casa: a Nerone menò via la moglie, e domandò per ischerno i pontefici, se ella col bambino in corpo n’andrebbe a marito con gli ordini; le morbidezze di Tedio e Vedio Pollione1. Finalmente quella Livia è una mala madre per la repubblica; peggior matrigna per casa Cesari. Volle esser celebrato ne’ tempj e nelle immagini dai flamini e da’ sacerdoti alla divina2. Or che ci resta a far agli Dii? Nè scelse mica Tiberio a successore per bene che gli volesse o per cura della repubblica; ma volse, scortolo d’animo arrogante e crudele, a petto a lui sembrare un oro3. E già gli aveva Augusto nel chiedergli a’ Padri la rafferma della ba-

  1. Vedio Pollione era lancia d’Augusto, arricchito da lui oltre al convenevole, onde il popol si lamentava; e sì bestiale, che quando uno schiavo suo faceva qualche errore, lo gittava in un vivaio che teneva di murene e altri pesci, i quali così nutriva di carne umana. Augusto mangiando seco, e avendo uno schiavo rotto un bicchier di cristallo di gran prezzo, e raccomandandosegli, lo lasciò e fecesi portare, e ruppe quanti cristalli Pollione aveva. Morendo lasciò ad Augusto la villa di Posilippo tra Napoli e Pozzuolo con la maggior parte della sua gran ricchezza, con carico di fare alcuna opera notabile in sua memoria. Augusto io servì: spianogli le case e fecevi la Loggia di Livia.
  2. Co’ razzi dello splendore, e altri segnali appropiati agli Iddii, folgore, caduceo, clava, tirso e simili.
  3. Da lui Tiberio imparò, che si lasciò succedere Caio, figliuolo di Germanico, anzi che Tiberio di Druso, suo sangue, perchè le orribilità di lui le sue oscurassono; per uccider con la mano di lui, e non con la sua, lutti gli ottimi senatori, e spegnere ogni bontade; avendo usato dire: Morto io, arda il mondo.