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218 | DEGLI ANNALI |
sero un decreto di Etruria, che gli provava di nostro sangue; che Tirreno e Lido, figliuoli del re Ati, si spartirono la gente moltiplicata; Lido rimase in sua terra, a Tirreno toccò a procacciarsi paese; e l’uno e l’altro pose a sua gente suo nome, quegli in Asia, questi in Italia. Cresciuti di nuovo i Lidi, mandarono uno sciamo in Grecia, dal nome di Pelope appellato. Mostravano ancora lettere d’imperadori; leghe fatte con esso noi nella guerra de’ Macedoni; lor fiumi fertili, aria ottima, ricche terre vicine.
LVI. Gli Smirnesi, ricordata loro antica origine da Tantalo figliuolo di Giove, o da Teseo, divina stirpe anch’egli, o da una Amazzona, passarono all’importanze de’ meriti col popolo romano; mandatogli armate non pure a guerre fatte altrui, ma patite in Italia; fatto tempio alla città di Roma prima degli altri, nel consolato di M. Porcio, quando il popolo romano era grande sì, ma non in questo colmo, stando in piè Cartagine e in Asia possenti re: sovvenuto l’esercito di L. Silla (egli il sa in che periglio) quando di fitto verno, rimaso brullo di vestimenta, avutone l’avviso gli Smirnesi in consiglio, ciascuno si spogliò le sue, e mandaronsi alle legioni abbrìvidate. Richiesti adunque di sentenza, i Padri antiposero gli Smirnesi: e Vibio Marso disse, che M. Lepido, cui toccò quella provincia, s’eleggesse1 un operaio a fare quel tempio, e ricusan-
- ↑ Non leggo legeretur, perchè sarebbe contro alla storia che il governator dell’Asia fosse eletto operaio d’un tempio: ma, legeret, cioè che egli lo eleggesse.