Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/221

214 DEGLI ANNALI

gliori (benché diversi nel modo), uscir fuori e morir vendicati.

L. Ma Dinis, capitano vecchio, per lunga pratica della romana forza e clemenza, consigliava posar l’armi, solo rimedio: e innanzi a tutti s’arrese con la moglie e figliuoli. I deboli per età o sesso, e i più vaghi di vita che di gloria, seguitaron lui; ma la gioventù, Tarsa e Turesi, deliberati ambo di morir liberi. Ma Tarsa, gridando, doversi finirla vita, le speranze e le paure, a un tratto si passò col ferro il petto, nè mancò chi ’l seguitasse. Turesi disegnò co’ suoi uscir fuori la notte. Il nostro capitano il seppe, e raddoppiò le guardie. La notte tempestosa terribilmente, e loro grida atroci, o silenzio orrendo, tennero gli assedianti sospesi. Sabino attorno andava ricordando: „Non per incerte grida, non per finta quiete si turbassero; non dessero occasione agli inganni: stesse saldo ciascuno a suo uficiò: non lanciassero a voto„.

LI. Eccoti a corsa frotte di Barbari con gran sassi, pali abbronzati, e pedali di querce, dare nello steccato; riempiere i fossi di fascine, di vinchi, di cadaveri: ponti e scale aggiustate, appoggiate a’ inpari: quelli prendere, giù tirare, sù salire, i difenditori spignere. Essi, per contra, li ripignevano, ammazzavano, precipitavano, con targate, lanciottate, sassi e cantoni. Accendeva questi la vittoria in pugno, e la vergogna, che sarebbe di tanto maggiore; quelli, la loro ultima salute, e la presenza e i pianti di loro madri e mogli. La notte dava a chi cuore, a chi timore; colpi sprovveduti venivano e andavano, senza sapersi onde, nè dove: nè amici da nimici discernere. I monti faceano eco alle grida dei nimici a di-