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LIBRO QUARTO | 205 |
no per loro sofferenza, che per soccorso di Lucullo. Fonteio Capitone, stato viceconsolo in Asia, fu assoluto dalle accuse, riuscite false, di Vibio Sereno, il quale non pati perchè ognun l’odiava, e perchè le spie grosse erano sagresante, e la pena era fatta per le minute1.
XXXVII. In questo tempo la Spagna di là mandò ambasciadori al senato a chieder licenza di fare, come l’Asia, tempio a Tiberio, e alla madre. Egli non si curava di questi onori: e per rispondere a certi, che ’l diceano diventato vano, così cominciò: „Io so, Padri coscritti2, che molti mi tengono di poca fermezza, perchè io alle città dell’Asia, dianai questo medesimo domandanti, non contraddissi. Dirovvi la cagione perchè tacqui allora e l’animo mio per l’avvenire. Non avendo il divino Augusto disdetto il rizzar tempio in Pergamo a lui e alla città di Roma, io, perchè ogni suo detto e fatto m’è legge, seguitai l’esempio, e volentieri, perchè al mio divino onore era congiunta la venerazion del senato. L’averlo accettato una volta mi si può perdonare; ma il farmi per ogni provincia sagrare immagini e adorare, sarebbe ambizione e superbia: e l’onore d’Augusto avvilirà se adulazione il divolga.
XXXVIII. Io sono uomo, e fo e vivo, come gli altri uomini: e ’l soddisfare al grado in ch’io sono, mi basta. Siatemene testimoni voi, Padri coscritti, e sappianlo le genti avvenire; le quali onoreranno pure