Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/201

194 DEGLI ANNALI

l’autorità e grazia1 che ebbe sempre con Tiberio. Cosa che mi fa dubitare, se l’avere i principi chi a grado, chi a noia, venga come l’altre cose dal fato, e riscontro di nascite; o pur possiamo alcuna cosa noi destreggiando, e senza, nè sempre adulare, nè sempre dir contro, scansare pericoli e viltà, tenendo mezzana via. Ma Cotta Messalino, non meno di legnaggio chiaro, ma di mente diversa, disse, doversi decretare, che degli aggravi, che fanno alle province le mogli, si punissero i mariti, benchè nescienti, come de’ propri loro.

XXI. Trattossi poi di Calpurnio Pisone, nobile e feroce, che fece quel romore in senato de’ tanti accusatori, e che s’andrebbe condìo; e ardì, a dispetto d’Augusta, trarre in giudizio, e di casa il principe Urgulania. Le quali cose Tiberio prese civilmente allora; ma l’ira dell’inghiottita offesa in quell’animo rugumante ribollì; e fece da Granio accusar Pisone d’aver tenuto ragionamenti segreti contro allo stato, veleno in casa, arme sotto in senato. Questa accusa ultima fu sprezzata, come atroce oltre al vero; tutte l’altre che gli piovevano, accettate e non ispedite; perchè egli si morì a buona

    dicono che la scrìtto era Quin. H-S. che potendo dire Quinquagies come Quingenties Tiberio lo intese a suo vantaggio per Quinquagias, cioè cento venticinquemila fìorini, legato meschino alla grandezza d’Augusta e di Galba; e anche, non l’ebbe. La quarta diligenza era forse il lasciare empire le spugne dei suoi ministri per premerle, come dice la postilla del primo libro, LXXIX.

  1. Mecenate e Salustio non si mantennero, e Agricola ancora; e Dione, lib 49 mostra come sia da procedere coi prìncipi.