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LIBRO QUARTO 191

v’aveva; e per fuggirle ci emanceppava colui che pigliava il flaminato, e colei che a flamine s’impalmava. Perciò rimediasseci con decreto o legge il senato; siccome anco Augusto ammodernava certe ruvide antichitadi.„ Studiata tale divinità, piacque non toccare gli ordini de’ flamini; ma si fece legge che la flamina di Giove fosse in podestà del marito nelle cose del flaminato; nel resto, come l’altre donne; e fu rifatto il figliuolo del morto. E per dare reputazione al sacerdozio, e animo a pigliare gli ordini; si donò a Cornelia, rifatta in luogo di Scanzia, cinquecento fiorini: e stabilissi che nei teatri Augusta sedesse tra le Vestali.

XVII. Entrati consoli Cornelio Cetego e Visellio Varrone, i pontefici, e con loro gli altri sacerdoti, pregaron gl’Iddii per la vita del principe e anche di Nerone e Druso, non per carità verso que’ giovani, ma per adulazione, nella quale il popolo corrotto erra nel troppo, come nel poco. Laonde Tiberio alla casa di Germanico non mai benigno, qui si versò, che pari di lui vecchio, si pregasse per quei fanciulli. Mandò pe’ pontefici, e domandolli, se il fecero per preghi o minacce d’Agrippina; e, negando li garrì destramente, essendoli parenti o principali della città; ma in senato avvertì, che un’altra volta non levassono i lievi animi de’ giovanetti in queste superbie di acerbi onori. Perchè Seiano non finava di dire: „La città è in parti, come in guerra civile: alcuni si chiamano di que’ d’Agrippina: e cresceranno, lasciandogli fare; alla crescente discordia altro rimedio non ci ha che scapezzare uno o dua di questi feroci.„

XVIII. Cogliesi innanzi C. Silio, e Tizio Sabino,