Pagina:Tacito - Opere storiche, 1822, vol. 1.djvu/161

154 DEGLI ANNALI

gretamente tirano a sé i più feroci, rovinati e necessitati a misfare per gastighi fuggire; e convengono, che Floro sollievi i Belgi, e Sacroviro i vicini Galli. Parlano dunque in brigata e ne’cerchj scandolosamente de’ continui tributi, delle enormi usure, dei crudeli e superbi governanti: „I soldati, morto Germanico, discordare; vero tempo da ripigliar libertà, se essi nel fiorire delle forze considereranno quanto è povera l’Italia, vile la plebe romana: e che in quelli eserciti, se nerbo è, sono i forestieri„.

XLI. Quasi ogni città fu sommossa. Ma i primi a saltar fuori furono gli Angioini e i Torsigiani. Oppresse Acilio Aviola Legato quelli col presidio tratto di Lione; questi co’ legionari, che Visellio Varrone Legato nella Germania bassa, gli mandò; e con baroni franzesi venuti in aiuto, per fellonia coprire, e serbarla a tempo migliore. E fecesi veder Sacroviro combattere per li Romani in zucca, per mostrare più valore, diceva egli; ma i prigioni, per farsi conoscere e riguardare. Tiberio avvertitone, se ne fe’ beffe, e col non risolvere, nutrì la guerra.

XLII. Conciossia che Floro seguitando l’impresa, tentò una banda di cavalli treviri, militanti per noi al modo nostro, che con l’ammazzarvi i mercatanti romani rompesser la guerra. Pochi ne corruppe; gli altri stettero in fede. Un’altra schiera di falliti e cagnotti, s’armò, e andavano verso la selva Ardenna; ma due legioni de’ due eserciti di Vesellio e di Silio, attraversatole il sentiero, chiusero il passo. E Giulio Indo, di Floro nimico, e compatriotto, perciò all’opera più intento, mandatovi con gente scelta, sbaragliò quella turba, ancora disordinata. Flo-