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8 | DEGLI ANNALI |
tava che il principe comandasse, senza darsi pensiero, mentre Augusto di buona età, sè e la casa e la pace sostenne. Venutane la vecchiaia grande, le infermità fastidiose, la morte alle spalle, e le nuove speranze, discorrevano indarno alcuni, quanto bella cosa era la libertà: molti temevano di guerra; altri la bramavano: moltissimi sparlavano de’ sopravvegnenti padroni: Agrippa essere un bestione; dall’onta accanito, non di sperienza da tanto pondo: Tiberio Nerone maturo d’anni, sperto in guerra, ma ingenerato di quella superbia claudiesca, scoppiare, benché rattenuti molti segnali di sua crudeltà: aver bevuto il latte di casa regnatrice, quasi con esso in bocca esserglisi consolati e trionfi gittati a masse: non aver pure in quegli anni, ch’egli stette al con-
casa, Davanzati e simili, dividendo quello che in un sol corpo ha composto l’uso, che è fabbricata natura. Nè anche è bene rompersi (come alcuni) i denti per proferire alla dotta la lingua greca; ma l’uso della patria seguitare. Potrebbonsi i due suoni delle nostre zete figurare con due lettere variate Z e z. Ma poichè il Trissino, e altri con ottime ragioni tentarono in vano di compiere il nostro manchevole abbici, che possiamo noi dire? se non che Contro dell’uso la ragione ha corte l’ali. Ma que’ valentuomini si possono consolare, poichè a Claudio imperadore non riuscì d’aiutare di tre lettere il romano: anzi furono sì scacciate, che non ci rimane notizia se non del Digamma Eolico in alcune tavole. Maraviglia è bene che quest’uso, questo padrone del favellare e scrivere, abbia accettato molte lettere da’ maestri di scrivere stranamente variate, per ghiribizzoso tratteggiare; e non le necessità da’ grandi e scienziati uomini ritrovate o aggiunte alla nostra scrittura manchevole. Io per me ci aggiungerei gli accenti alla greca, per aiuto della pronunzia a chi legge. Ma quis ausit feli alligare tintinnabulum, poichè que’ valentuomini ne furon uccellati?