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LIBRO TERZO 133


VIII. Pisone manda a Roma il figliuolo ammaestrato per mitigare il principe: e vassene a Druso, sperandolo non tanto incrudelito per lo fratello mortogli, quanto addolcito per tanto concorrente levatogli. Tiberio per mostrare che il giudizio andrebbe retto accolse il giovane, e donogli come a’ figliuoli de’ nobili usava. Druso a Pisone disse in pubblico: „Se vero fosse quanto si dice, mi cocerebbe più che a tutti: Dielvoglia siano favole, e che la morte di Germanico non rovini chi che sia.„ Riconoscevansi queste parole erba di Tiberio, con le cui vecchie arti il giovane dolce e non astuto si governava.

IX. Pisone navigò in Dalmazia, in Ancona, ove lasciò le navi, e per la Marca, e poi per la Flaminia raggiunse una legione che andava d’Ungheria a Roma per passare in Affrica1 a quella guardia. E dissesi, che nel cammino spesso si presentò a’ soldati tra l’ordinanze; onde, per sospetto levare, o perchè la paura sbalordisce, fattosi da Narni portare per la Nera nel Tevere, raccese l’ira del popolo, ond’erano le ripe piene quel dì solenne; vedendolo sbarcare al sepolcro de’ Cesari, con gran codazzo ei di seguaci, e Plancina di damigelle, con le teste alte: stomacò soprattutto la casa in piazza parata a festa, lo spanto convito, a porte spalancate e corte bandita.

X. Il dì seguente Fulcinio Trione chiamò Pisone a’ consoli. Vitellio, Veranio e gli altri, stati con Germanico, dicevano: che Trione non aveva che farci; e volevano essi non accusare, ma testimoniare e

  1. Per la guerra di Tacfarinata, ove ne stava una sola per l’ordinario; richiamata poi nominata la nona.