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LIBRO TERZO 131

data, così arditi e scoperti, come scordatisi ch’ei v’era padrone. Ma nulla punse Tiberio, quanto l’ardor del popolo verso Agrippina. Chi la diceva: Ornamento della patria, reliquia sola del sangue d’Augusto, specchio unico d’antichitade: e volto al cielo e agl’Iddii, pregava salvassero que’ figliuoli, sopravvivessero agl’iniqui.

V. Desideravano alcuni in queste essequie la pompa pubblica; allegando gli ampi onori che Augusto fece a Druso padre di Germanico, incontrollo di crudo verno sino a Pavia: da quel corpo non si partì: si fu seco entrato in Roma; fu d’immagini di Claudj e di Giulj1 accerchiata la bara: pianto nel fòro: lodato in ringhiera: fatto quanto invennero mai antichi e moderni; e a Germanico non è toccato pur l’usata, e ad ogni nobile dovuta, onoranza. Siasi per lo lungo viaggio il corpo arso, come s’è potuto, in terra lontana e straniera: cotanti più onori gli si doveano, quanti negli aveva la sorte negati; ma il fratello non l’ha incontrato appena una giornata; il zio non pure alla porta. Dove sono gli ordini antichi? l’effigie sopra il cataletto? i versi composti per memoria delle virtù? le lagrime? i triboli2?

VI. Tiberio sapeva queste grida del popolo, e per ammorzarle lo ammonì per bando: „Essere molti ro-

  1. Non di Giulj, perchè questo Druso, fratello di Tiberio, non entrò mai in casa Giulia, nè gli convenivano l’immagini Giulie, ma le Claudie e Livie del padre e della madre.
  2. Ancor oggi nel regno di Napoli si dicon fare il tribolo certe donnicciuole, che sopra ’l corpo del morto prezzolate piangono, stridono, si graffiano il viso, stracciano i capelli, contano le sue virtù, e la perdite che fatta di lui ha quella casa amara. Questo forse vuol dire, doloris imitamenta.