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126 | DEGLI ANNALI |
a chi a vendere ne recasse; nè per tanto accettò il nome di padre della patria, altre volte offertogli e sgridò certi che appellarono divine le sue occupazioni e lui signore1: talchè poco, e male si poteva aprir bocca sotto quel principe, che aveva il parlare libero a sospetto e l’adulazione in odio.
LXXXVIII. Vecchi e scrittori di que’ tempi, dicono essersi letto in senato lettere di Àdgandestrio principe de’ Catti, che prometteva la morte d’Arminio, mandandogli veleno; e risposto: Il popol romano vendicarsi de’ suoi nimici con aperte armi e non con inganni2; nella qual gloria Tiberio si pareggiava a quegli antichi, che l’avvelenatore a Pirro scopersero e lo scacciarono. Arminio, partiti i Romani, e cacciato Maroboduo, cercò di regnare; ma que’ popoli per la libertà lo combatterono con varia fortuna; e per tradigione di suoi parenti morì. Liberatore senza dubbio della Germania; disfidatore, non di quel primo popolo romano, come altri guerrieri e re; ma dell’imperio potentissimo. Nelle bat-
- ↑ Oggi diamo a’ privatissimi non pure Signore, ma dell’Illustre, molto Illustre, e plus ultra; e chi più basso e’ più empire i titoli vuole.
- ↑ Davitte fece uccider colui che venne a dirgli aver ucciso Saul suo nimico; e mozzar mani e piedi a Baana e Reca, che gli portaron la testa d’Ishoset figliuolo di esso Saul. Cesare pianse.
. . . . . quando il Traditor d’Egitto
Gli fece il don de l’onorata testa.E qui Tiberio per non aver accettato il tradimento contro ad Arminio, si pareggia agli antichi quando salvarono Pirro.
stie del 1328, 39, 46. Tuttochè certi ufficiali (dice egli) ne facessero baratteria, condannando gl’innocenti, lasciando i possenti tra le grandi endiche.