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112 | DEGLI ANNALI |
tecentomila da portar arme; e con tale esercito avere il re Ransenne conquistato la Libia, l'Etiopia, i Medi, i Persi, il Battro e la Scizia, e quanto tengono i Soriani, gli Armeni, i Cappadoci lor confini: e sino a’ mari di qua di Bitinia, di là di Licia avere signoreggiato. Vi si leggevano i tributi dell’oro, ariento, armi, cavalli, avorio e odori, per li tempi, grano, e d’ogni sorta arnesi, che porgeva ciascuna nazione, niente scadenti da que’che oggi la violenza de’ Parti o la romana grandezza riscuote.
LXI. Volle vedere ancora le principali maraviglie: la Statua del sasso di Mennone, che battuta dal sole, rende voce: le piramidi, come montagne condotte al cielo, co’ tesori dei principi gareggianti e sparse per le appena valicabili arene: e gli ampi laghi cavati per ricetti dell’acque traboccanti dal Nilo; e altrove le strette voragini senza fondo. Indi venne a Elefantina e a Siene, termine allora del romano imperio, che oggi si stende al Mar Rosso.
LXII. Mentre Germanico quella state consumava in veder paesi1, Druso acquistò non poca gloria col metter tra’ Germani discordie, e far Maroboduo, già scassinato, cadere. Era tra i Gotoni un nobile giovane, detto Calualda, cacciato già dalla forza di Maroboduo, ne’ cui frangenti allora ardi vendicarsi. Entrò ne’ Marcomanni con buone forze: e con intendimento de’ principali sforzò la città reale e la