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LIBRO SECONDO | 95 |
più, quantunque la casa d’Ortalo cadesse in povertà vergognosa.
XXXIX. Nel detto anno l’ardir d’un verme fu per mettere la repubblica, se tosto non si ovviava, in discordie e armi civili. A Clemente schiavo di Agrippa Postumo, udita la fine d’Augusto, venne concetto, non da schiavo d’andare nella Pianosa, e per forza o inganno rubare Agrippa, e presentarlo agli eserciti di Germania. Una nave mercantile penò tanto che lo trovò ammazzato; onde si mise a sbaraglio maggiore: rubò le ceneri, e passò a Cosa, capo di mare in Toscana, ove stette nascoso tanto, che rimesso barba e chioma, somigliando per età e fattezze il padrone, sparse voce per idonei suoi che Agrippa era vivo: prima di sottecchi, come si fa delle cose di pericolo, poi ne riempiè ogni gente, specialmente ignoranti, curiosi, e malfattori bisognosi di novità. Andava egli per le terre al barlume; in pubblico non s’affacciava. Giunto in un luogo, spariva via; lasciava di sè fama, o avanti lei compariva; perchè occhio e dimora aiutano il vero: fretta e dubbiezza il falso.
XL. Già si spargea per Italia che Agrippa era salvo, bontà degli Iddii; in Roma si credeva. Giunto a Ostia, molta gente: in Roma i conventicoli lo celebravano. Tiberio stava sospeso se contra un suo schiavo convenisse andare armato, o lasciare col tempo svanire la credenza; ora niente doversi sprezzare, ora non d’ogni cosa temere, gli dettavano vergogna e paura. Finalmente di suo ordine Crispo Salustio induce due cappati suoi (alcuni dicon soldati) a trovar l’uomo, e dirgli di venire a servirlo: offerirgli danari, fedeltà e la vita. Ciò fatto, l’appostano una notte senza guardia, e con buona compagnia lo le-